Catena psicofisica

L’esperienza percettiva è il risultato di una complessa sequenza di eventi ma la rapidità e l’accuratezza con la quale riconosciamo un oggetto noto potrebbe indurci a credere erroneamente che si tratti di un fatto ovvio, semplice ed evidente. Tale sequenza di eventi è detta catena psicofisica. A valle della catena psicofisica troviamo il percetto, il contenuto percettivo di ogni esperienza cosciente o, in altre parole, il risultato della catena psicofisica. A monte vi è lo stimolo distale, ovvero l’oggetto osservato, un’entità fisica indipendente dall’organismo che attua l’esperienza percettiva. Lo stimolo distale è un’entità che può essere studiata attraverso l’analisi chimica e fisica, il percetto è invece oggetto dell’analisi sensoriale.

L’oggetto osservato che “subisce” l’esperienza percettiva ha due livelli di esistenza molto diversi: esiste come stimolo distale nella sua realtà fisica, indipendente da noi e dai nostri sensi, ed esiste come percetto nella nostra realtà percepita in forma di esperienza privata e soggettiva. Questi due livelli di esistenza non costituiscono un’astrazione ma due espressioni diverse e fattuali di realtà. Al di là di possibili interpretazioni metafisiche, la distinzione fra quello che oggi noi chiamiamo stimolo distale e percetto era già stata colta, anche se con sfumature diverse, da molti filosofi. Platone distingueva il noumeno, ciò che è pensabile ma indipendente dall’esperienza sensibile, da ‘ciò che si manifesta ai sensi’ e che quindi deriva dall’esperienza sensibile: il fenomeno. René Descartes distingueva la res extensa, ovvero la realtà fisica, il mondo esterno a noi, conoscibile solo indirettamente, e la res cogitans, la realtà psichica, la conoscenza basata sull’esperienza percettiva cosciente. Descartes intuì quella che oggi conosciamo come la distinzione fra oggetto-distale nel mondo fisico e oggetto-percetto nella nostra mente. Immanuel Kant introdusse il concetto di Ding an sich, la cosa in sé, che costituisce il mondo esterno a noi, la realtà che non possiamo effettivamente conoscere, contrapposta al contenuto percettivo dell’esperienza. La cosa in sé esiste ma resta al di là dell’esperienza sensibile, è pensabile ma non è conoscibile attraverso i nostri sensi. In Kant noumeno e cosa in sé non sono due termini esattamente equivalenti: il noumeno è una rappresentazione mentale della cosa in sé, ovvero dell’inafferrabile realtà oggettiva noumenica. La cosa in sé invece è proprio la realtà oggettiva noumenica che si pone al di là di ogni esperienza possibile. L’analisi sensoriale implica un tentativo di oggettivazione della realtà, e in questo modo costituisce uno strumento utilissimo, ma tale tentativo non va confuso con la realtà stessa.

La differenza fra stimolo distale e percetto è basilare ma ancora insufficiente per la comprensione della catena psicofisica. Il passaggio intermedio da stimolo distale a percetto consiste in una serie di eventi neurali, si frappone di fatto un ulteriore livello di esistenza, che non è nel mondo come lo stimolo distale e neanche nella mente come il percetto. Tale passaggio intermedio è detto stimolo prossimale e rappresenta il processo di trasduzione dello stimolo distale (nel caso della visione è l’immagine bidimensionale dell’oggetto distale che si forma sul mosaico retinico). Se osserviamo un oggetto esso esisterà come oggetto-distale nel mondo fisico (con la sua forma, il suo peso, le sue caratteristiche chimiche,…), come oggetto-prossimale nella nostra retina (o più in generale in quella sorta di interfaccia di trasduzione costituita dai nostri organi di senso) e come oggetto-percetto nella nostra mente.

La catena psicofisica è anche nota in letteratura scientifica come Fechnerian causal chain of events in quanto costituisce un modello basato sull’idea di catena causale di eventi: una catena ordinata nella quale ogni evento della catena causa il successivo. Tale modello presenta molti limiti ma ha comunque un enorme valore storico e didattico. Il concetto di catena psicofisica (così come il termine psicofisica) venne introdotto da Gustav Theodor Fechner nel 1860 con il celebre Elemente der Psychophysik. I suoi studi segnarono la nascita sia dello studio moderno della percezione sia della psicologia sperimentale.

Dario Elia

René Descartes, Meditationes de Prima Philosophia, in qua Dei existentia et animæ immortalitas demonstratur, 1641

Immanuel Kant, Prolegomena zu einer jeden künftigen Metaphysik, die als Wissenschaft wird auftreten können, 1873

Gustav Theodor Fechner (1860). Elemente der Psychophysik (Elements of Psychophysics).

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